mercoledì 27 febbraio 2013

La tetta dello scandalo


Risale a questi giorni la notizia di un evento che ha dello sconcertante: una mamma (che ho conosciuto e accompagnato fin dai primi mesi della gravidanza) è stata trattata in malo modo dal barista di un locale di Meda, in Brianza, per il semplice fatto di aver osato allattare al seno la sua bambina all'interno del locale. La cosa, a detta del barista, non era gradita. Il gruppo di amiche non è stato invitato ad abbandonare il locale (tra l'altro, vuoto), ma è comprensibile il clima che ne è subito scaturito: le mamme non si sono più sentite libere di poter allattare, di poter nutrire i bambini affamati, i quali, giustamente, hanno iniziato a protestare. 
Per colpa di una pubblica dimostrazione di grande ignoranza e presunto pudore, sono le mamme, ed ovviamente anche i bambini, a rimetterci.

Più di una volta mi è capitato di sentire donne e uomini - anche e soprattutto madri e padri di famiglia - lamentarsi di un certo fastidio provocato in loro dalla vista di una donna che si scopre il seno in pubblico per allattare. Ma se una cosa NORMALE mi da fastidio, non sono io ad avere un problema da risolvere, piuttosto che gli altri?

Ci tengo a chiarire una cosa: una donna che allatta non sta facendo topless in spiaggia (cosa di cui, tra l'altro, nessuno si scandalizzerebbe), non sta con le tette al vento se non per quell'istante in cui il bambino, magari, si stacca dal seno per girarsi, distrarsi, finire, o fare altro. L'obiettivo non è mettere in mostra il davanzale. Per chi non lo sapesse, una donna che allatta ha davanti al seno - e dunque al capezzolo - la testa di un bambino. I centimetri di pelle che effettivamente si vedono, dunque, non possono certamente essere di più di quelli della sventolona di turno che frequenta lo stesso bar "no allattamento" indossando una camicetta scollata o un top striminzito. Sfido qualsiasi barista ad intimare ad una signorina simile di allontanarsi dal locale, o a mostrare la propria "mercanzia" in un altro bar.

A costo di essere ripetitiva e scontata fino alla nausea, vorrei ricordare l'enorme quantità di immagini di tette a cui siamo sottoposti tutti i giorni: tv, internet, giornali, pubblicità, moda... anche con intenti esplicitamente erotici. Da quando siamo così pubblicamente votati al falso moralismo?


Se state pensando che non c'è bisogno di specificare queste cose alquanto banali e palesi, ripensateci. Se pensate che quanto accaduto in questo locale sia un caso isolato, ricredetevi. In Italia - e non solo - le donne che allattano al seno in pubblico vengono spesso additate, guardate male, trattate peggio, insultate, discriminate. 

Ci tengo a specificare che non esiste alcuna normativa che vieti alle donne di allattare in pubblico. L'allattamento al seno, anzi, è incoraggiato da tutte le Linee Guida naizonali ed internazionali relativamente alla salute della donna dopo il parto e circa l'alimentazione del neonato, e in questo si comprende anche l'allattamento in pubblico. Essere sfamati è un diritto di ogni bambino. Essere portati al seno per qualsiasi motivo - dal bisogno di cibo alla coccola - è un sacrosanto diritto di ogni bambino allattato al seno. Se questa vista vi disturba, voltatevi dall'altra parte. I vostri commenti teneteveli per voi, perché se esiste la libertà di pensiero (e nessuno ha intenzione, qui ed ora, di prendersi cura dei vostri problemi di fastidio a riguardo) esiste anche la libertà d'azione. E se la vostra libertà di pensiero si traduce in giudizio, in grado di minare e limitare la libertà altrui, cessa di essere un problema solo vostro, e diventa purtroppo un problema di molti, potenzialmente di tutti. 

domenica 24 febbraio 2013

Il corpo nella Danza

Avevo davvero voglia, quest'anno, di tornare a studiare. Oltre ai brevi corsi di formazione, era mio desiderio dedicarmi ad un percorso più lungo, impegnativo, grande. Così, ho passato settimane, mesi, a cercare su internet qualcosa che facesse al caso mio, che potesse interessarmi e stimolarmi, e che potesse anche combaciare con i miei impegni lavorativi.
Ho passato in rassegna non so quanti siti di quante università, scritto email a scuole private, contattato professionisti e professori. C'erano alcuni master e corsi che continuavo a riguardare, con particolare interesse, continuando a pensarci, come un chiodo fisso, ma senza decidermi realmente.
Nel periodo delle mie ricerche, l'esperienza di lavoro corporeo che avevo iniziato con le donne in gravidanza dei miei corsi continuava ad arricchirmi in un modo del tutto speciale, mi donava linfa vitale nonostante ogni volta, dopo ogni incontro, tornassi a casa stanchissima, ma inspiegabilmente piena di energia.

Forse fu anche per questo che quando lo trovai, capii subito che questo corso faceva al caso mio: Formazione Italiana Danzaterapia Operatori Nascita metodo Maria Fux.
"Wow, che meraviglia...eccolo, è proprio lui!", pensai in preda alla più rivelatrice delle epifanie, senza assolutamente capirne il motivo, ma sentivo che era proprio così. Chiesi due informazioni pratiche, e mi iscrissi.

A chi oggi mi chiede cosa faccio durante i seminari, durante il corso, durante gli incontri, non so rispondere. "Danziamo", potrei dire. E racchiudere Tutto e Niente in una semplice ma potente parola.

Ora mi trovo in treno, di ritorno da Pisa, location del corso. Provo a pensare a quello che è stato oggi, e ieri, ma non riesco a focalizzare, a creare un pensiero, una frase che possa spiegare, nemmeno a me stessa. Rivivo immagini e movimenti, sguardi e intese, e questo basta, perchè questo E'.

Barbara - la nostra splendida insegnante - ieri ci ha detto che "formazione" è anche e soprattutto "cambiamento", di qualsiasi forma, dimensione ed entità esso sia. E che se si intraprende un percorso di formazione, occorre essere disposti al cambiamento.
Ecco, forse, cosa faccio insieme alle mie sorelle compagne di cammino: mi trasformo, muto, cambio e ritorno, e insieme scopriamo di poterlo fare.
Perchè non sono sola.

lunedì 11 febbraio 2013

In silenzio, nella neve

Oggi nevica. Ha nevicato un po' ovunque, e qui da me è tutto coperto da venti buoni centimetri di una neve bianca e soffice. 
Tutto sommato, mi piace quando nevica. Mi piace il silenzio che naturalmente scende su ogni cosa, e cala piano, insieme ai fiocchi più grossi e pesanti. Fa quasi sparire anche il freddo.
Ogni volta che cammino nella neve, da un anno a questa parte, penso a voi. Penso al silenzio carico di emozione che mi accompagnava mentre camminavo sotto la neve per venirvi a trovare. Penso alla piccola, ancora nella pancia della sua mamma. Ripenso alle parole, ai gesti e agli sguardi, a questa amicizia speciale che mi ha reso zia di una bambina stupenda. La vostra bambina. E allora continuo a camminare nella neve, passo dopo passo, in silenzio. E mi sento felice.


mercoledì 6 febbraio 2013

Un pomeriggio con le studentesse ostetriche

Oggi è il 6 febbraio, la giornata mondiale contro le Mutilazioni Genitali Femminili.
Ieri, in occasione di questo evento, sono stata ospitata dall'Università degli Studi di Milano-Bicocca, la mia "vecchia" scuola, per un incontro con le studentesse dell'ultimo anno del Corso di Laurea in Ostetricia, per affrontare insieme il tema delle MGF.

La prima cosa - molto professionale - che ho pensato varcando la soglia dell'aula 2 dell'edificio U8,  è stata "Minchia, che revival!". Ritornare in università, ma questa volta dall'altra parte, sedendo in cattedra e non sui banchi, devo ammetterlo, è stato strano. Ma bello. Spero di aver trasmesso qualcosa alle studentesse, anche portando loro la mia esperienza da volontaria in Africa e di ostetrica condotta che qui in Italia lavora molto con le donne migranti.

Negli occhi delle mie future colleghe mi è sembrata di scorgere una luce, una fiamma particolare, un'energia cosmica che neanche la preparazione e l'ansia per l'esame più difficile del semestre è in grado di smorzare fino in fondo. E anche se è da poco che ho lasciato l'ambiente universitario da studentessa, guardare nei loro occhi mi ha commossa. Mi hanno ricordato me stessa all'inizio dell'ultimo anno, presa, indaffarata, schizzata e ansiosa, spesso intrattabile e nervosa per via dello stress e dei ritmi a cui l'università mi sottoponeva, ma con dentro una voglia bestiale di iniziare e finire questa benedetta tesi, passare l'Esame di Stato e finalmente mettermi seriamente in gioco in prima linea, con le donne, per le donne.

Come ho detto ieri a tutte loro, io sono positiva: il periodo storico non è dei più favorevoli, le strutture ospedaliere non sono in grado di sostenere assunzioni, i tagli ai progetti e al personale gravano fortemente sulla qualità dell'assistenza, mettendo in crisi insieme le professioniste e le famiglie. Ma sono positiva. La mia Università ha introdotto novità, come le nuove possibilità di tirocinio al di fuori dell'ambito ospedaliero per assaporare l'assistenza sul territorio e a domicilio. E' un buon segno, si sta seminando. E sono certa che le ostetriche giovani, come me, e le future colleghe possano davvero essere un buon terreno fertile per nuovi frutti. Ma abbiamo anche bisogno dello sguardo e delle mani esperte delle colleghe più grandi, le "anziane": abbiamo bisogno che ci sostengano in questo cambiamento, abbiamo bisogno di essere unite, tutte, in una grande sorellanza di donne ostetriche.